Parliamone con Tiziana

Intervista

Qual è la differenza tra retention e fidelizzazione?

Sono due cose completamente diverse. Nella strategia di raccolta fondi la retention è il primo passo verso la fidelizzazione, è il primo momento, è la conoscenza, è l’adesione ad un progetto.

La fidelizzazione è offrire costantemente al nostro donatore argomenti che lo coinvolgono e gli fanno decidere di continuare a sostenere l’associazione. Nella nostra strategia di raccolta fondi la fidelizzazione è una fase successiva, dopo che abbiamo convinto questo donatore a restare con noi.

La fidelizzazione vera si basa sui contenuti, non scriviamo messaggi fumosi, pieni di bla bla bla, in cui passiamo il tempo a dire al nostro donatore quanto è bello. No, bisogna fornire informazioni, contenuti, coinvolgimento.

La ricchezza dei nostri contenuti, di quello che noi diciamo e facciamo, genera la fidelizzazione, oltre ad un contatto frequente. Dobbiamo scordarci che con un contatto di tre volte l’anno il nostro donatore diventi fedele.

Ma non diventa fedele neanche il nostro cane con un contatto di tre volte all’anno, neanche il nostro amico più vicino e più lontano.

2 cose da non fare nella retention

Le due cose che non si devono assolutamente fare sono: UNO rivolgersi al donatore come se lui ci conoscesse, non è vero, non ci conosce, non sa chi siamo, non sa cosa facciamo; DUE eccedere nelle richieste, è appena entrato, dobbiamo andare cauti, dobbiamo essere pressanti ma in modo intelligente, dobbiamo puntare di più al tenerlo al nostro fianco, piuttosto con una piccola donazione.

Ricordiamoci una cosa: la seconda donazione è il passo più importante verso la fidelizzazione, quindi è strategico indurlo alla seconda donazione, anche bassa, basta che la faccia. Il donatore deve, dopo la prima donazione, fare la sua operazione più importante, ovvero confermare che la nostra associazione lo ha convinto, in qualche modo gli piacciamo.

Quindi puntiamo fortemente alla seconda donazione, fosse anche di 5 euro, non ha importanza. Se fate fare al vostro prospect appena entrato la seconda donazione, ci sarà una grandissima possibilità che lui diventi un donatore fedele.

2 cose da fare nella retention

La prima è cadenzare

Parlando delle cose che bisogna fare partirei da cadenzare la relazione con il donatore. È necessario trasmettere a chi ci sostiene che noi ci teniamo, che lo stiamo seguendo, lo curiamo, ci prendiamo cura di lui.

Cadenzare vuol dire scrivere cose come “è tre mesi che sei tra noi e guarda quante cose sono cambiate”, oppure “sono mesi che lavoriamo insieme” e ancora “che cosa abbiamo fatto negli ultimi otto mesi insieme”, “evviva, è passato un anno da quando quel giorno tu per la prima volta hai deciso di farci una donazione”.

È importante fare in modo che ci sia un percorso da raccontare, una storia, la storia della nostra amicizia, la storia del nostro lavoro insieme, la storia di un progetto condiviso, una storia della nostra associazione e del nostro donatore.

Tutto ciò passa attraverso le parole e la voce del direttore generale dell’associazione, del presidente, di chi firma la lettera. Questo aspetto è estremamente importante perché il nostro donatore deve diventare un nostro amico, una persona a cui raccontiamo cosa stiamo facendo, i nostri desideri, che ci ascolta e ci accompagna nella nostra missione.

La seconda è dare al donatore le risposte che cerca

Il tema è generare un’interazione col donatore e fare in modo che lui si rivolga a noi, che lui trovi in noi quelle risposte che magari ha bisogno di avere per rimanere all’interno dell’associazione.

È importante dare al donatore la sensazione che ci può chiamare quando vuole, ci può vedere, ci può venire a trovare, può avere maggiori informazioni sulla nostra missione ogni volta che vuole. È importante che ci sia un responsabile dei donatori pronto a rispondere ad ogni genere di domanda, in modo intelligente e cordiale e assolutamente caloroso, che quando il donatore chiama sappia con chi sta parlando e ne è felice!

Un suggerimento per rafforzare il rapporto con il donatore?

È importante cercare di conoscere meglio il donatore. Uno strumento agile per far ciò è il questionario / survey, che deve essere breve.

Odio le survey di 45 domande che le guardi, le giri e dici “ma no, un’altra volta, ho da fare adesso”. Bisogna fare tre domande, non di più. Dovrebbe essere una survey in cui chiediamo quali sono gli ambiti di intervento che interessano di più.

Ma anche qui, attenzione: il donatore ce l’ha già detto, lui ci ha già detto qual è l’ambito che gli interessa di più. Quindi quando si fa la survey bisogna iniziare dicendo “lo sappiamo che ti interessano i progetti a favore di….”, volevamo sapere se ti interessano anche agli aiuti a….

Fate sempre in modo che il donatore percepisca che voi lo state seguendo. Vi faccio un altro esempio stupido: c’è un donatore che dona con bonifico bancario, non chiedetegli tutte le volte nei messaggi che gli inviate “mandaci il bollettino”. In qualche modo, da qualche, parte fategli sapere che voi siete al corrente del fatto che lui vi fa i bonifici, ma che il bollettino glielo inviate comunque perché, se quel giorno passa dalla posta e vuole fare una donazione in più la può fare.

Oppure può dare il bollettino postale a un amico, oppure se lo può tenere sulla scrivania per ricordarsi che deve fare prima o poi una donazione.

Il video dell’intervista a Tiziana